Armenia and Azerbaijan: Sports behind enemy lines | The war that Europe forgot.
The inaugural European Games opened in the Azerbaijani capital Baku on the 12th June, 2015. A continentwide sporting extravaganza costing an estimated € 10bn featuring 6,000 athletes from over 50 different countries. As is so often said, sport is above politics. But for one national team competing in Baku, that could hardly be further than the truth.
In 1991, as the Soviet Union began to crumble, simmering tensions between Armenia and Azerbaijan over the contested territory of Nagorno-Karabakh erupted into full-scale war. The mountainous lands where Muslim Azeris and Christian Armenians used to live together in relative harmony, had become a source of dispute thanks in large part to divide and rule strategies by the Russian, and then Soviet, empires. When fighting finally subsided in 1994 following a Russian-brokered ceasefire, over 100,000 had been killed and Karabakh became de-facto state administered by Armenia but not officially recognised by any countries in the world. Azerbaijan lost 20% of its territory, including land outside of the Nagorno-Karabakh hotspot, which is internationally recognised as occupied Azeri territory. Although Armenians and Azeris meet peacefully around the world, they are practically banned from each other’s countries and the level of mutual hostility is comparable to Israel-Palestine.
The European Games in Baku is the biggest sporting event ever hosted in the South Caucasus and for both sides, there is huge pressure for their athletes to better the opposing team. For the Azeris, it means a victory over the ‘occupiers’ to whom they lost the war, for Armenians, the chance to raise their flag and sing their anthem in the enemy capital has incredible symbolic power. So much for the Olympic truce. Meanwhile, despite a ceasefire in place, villagers living on both sides of the Armenia-Azerbaijan border live in the shadow of sniper positions, and endure regular exchanges of fire. Far away from the capitals of Yerevan and Baku, people here speak respectfully of their brothers on the other side and express their frustration that their governments prolong and provoke endless conflict.
In a little-known region, a forgotten conflict divides peoples that in living memory were neighbours and friends. With no direct dialogue between the warring states and no progress by international institutions, many people ominously warn of a renewed conflict which could devastate the region and catch the world by surprise. As the athletes face each other in Baku, (ironically both sides excel in fighting sports such as boxing and wrestling), the mantra of sport as an apolitical tool for peace risks being overshadowed by raw geopolitics, and an opportunity for nationalism and chauvinism to be exhibited, in a region which can ill afford more.
Jacob Balzani Lööv is an Italian-Swedish photographer. He focus his work on underreported social and environmental issues and he loves to explore stories of people deeply attached to a particular place, being it a contested territory or a tropical jungle. He lives in the place he is mostly attached to, between Milan and Monte Rosa in the Italian Alps. In 2012, he graduated from the London College of Communication’s Photojournalism and Documentary Photography department. Curious about the processes and the links between different systems, in 2003 he graduated with a degree in Environmental Sciences. His love for the mountains then pushed him to work with the Swiss Federal Institute of Technology in Jungfraujoch (3580 m asl.), which is the highest research station in the Swiss Alps. In 2007, the data he collected on the transport of air pollutants across the planet allowed him to attain a PhD. Deeply attracted to global events, after observing during his numerous journeys just how fast and dramatically the world was changing, he decided to stop his scientific work and fully commit himself to photography. Jacob Balzani Lööv works for several NGOs (non-governmental organizations) worldwide. Expert in Eastern Europe and Caucasus, he is represented by Zuma for news and he contributes regularly to Al-Jazeera and Eurasianet. His work has been published on many printed and online magazines including Newsweek, The Guardian, The Independent, The Wall Street Journal, Der Spiegel, Politico, Internazionale and Vice. In 2017 he was finalist at the Days Japan Photo Contest, finalist at the Spotlight Award and in 2019 finalist at Premio Voglino. His work was exhibited in Milan, London, Venice and in numerous festivals including Format in England, Angkor Photo Festival in Cambodia and Warm in Bosnia. He is currently available for commissions.
www.jacobbalzaniloov.com
ITA VERSION
Armenia e Azerbaigian: Lo sport dietro le linee nemiche | La guerra che l'Europa ha dimenticato.
I primi giochi europei hanno avuto luogo nella capitale azera Baku nel giugno 2015. Una stravaganza sportiva che ha riguardato tutto il continente, con 6.000 atleti provenienti da oltre 50 paesi diversi e costata circa 10 miliardi di Euro. Come si dice spesso, lo sport è al di sopra della politica. Ma per una squadra nazionale in competizione a Baku, questo non potrebbe essere più lontano della verità. Nel 1991, quando l'Unione Sovietica iniziò a sgretolarsi, le tensioni dimenticate tra Armenia e Azerbaigian, sul territorio conteso del Nagorno-Karabakh, scoppiarono in una vera e propria guerra. Le terre montuose in cui gli azeri musulmani e gli armeni cristiani vivevano insieme in relativa armonia, erano diventate fonte di controversie grazie alla strategia del divide et impera utilizzate prima dall’Impero Russo e poi dall’Unione Sovietica. Quando nel 1994 si finì di combattere, a seguito di un cessate il fuoco mediato dalla Russia, oltre 100.000 persone erano morte e il Karabakh divenne di fatto uno stato amministrato dall'Armenia anche se non riconosciuto ufficialmente da nessun paese al mondo. L'Azerbaigian ha perso il 20% del suo territorio, comprese le terre al di fuori del del Nagorno-Karabakh che è internazionalmente riconosciuto come territorio azero occupato. Sebbene armeni e azeri si incontrino pacificamente in tutto il mondo, non possono entrare l’uno nello stato dell’altro e il livello di ostilità reciproca è paragonabile a quello tra Israele e Palestina. I Giochi europei di Baku sono il più grande evento sportivo mai ospitato nel Caucaso meridionale e per entrambe le parti c'è un'enorme pressione per i loro atleti affinché abbiano il sopravvento sulle squadre avversarie. Per gli azeri, significa una vittoria sugli "occupanti" che li hanno battuti in guerra, per gli armeni invece, la possibilità di alzare la bandiera e cantare l'inno nella capitale nemica, ha un incredibile potere simbolico. Quanta pressione per una tregua olimpica. Nel mentre, nonostante il cessate il fuoco, gli abitanti dei villaggi che vivono su entrambi i lati del confine tra Armenia e Azerbaigian vivono sotto il tiro dei cecchini e subiscono regolari scambi di fuoco. Lontano dalle capitali di Yerevan e Baku, le persone qui parlano rispettosamente dei loro fratelli oltre il confine ed esprimono la loro frustrazione per il fatto che i loro governi prolungano e provocano conflitti senza fine. Nella poco conosciuta regione del Caucaso meridionale, un conflitto dimenticato divide due popoli che fino a pochi anni fa convivevano. Senza un dialogo diretto tra gli stati in guerra e nessun progresso nelle istituzioni internazionali, molte persone avvertono incombere un rinnovato conflitto che potrebbe devastare la regione e sorprendere il mondo di sorpresa. Mentre gli atleti si affrontano a Baku (ironicamente entrambe le parti eccellono negli sport da combattimento come la boxe e il wrestling), il mantra dello sport come strumento apolitico per la pace rischia di essere oscurato dalla geopolitica grezza, dando un’opportunità di fare di nazionalismo e sciovinismo uno spettacolo in una regione che non può più tollerare molto.
Jacob Balzani Lööv è un fotografo italiano-svedese. Focalizza il suo lavoro su questioni sociali e ambientali sottostimate e ama esplorare storie di persone profondamente legate a un determinato luogo, sia esso un territorio conteso o una giungla tropicale. Vive nel luogo a cui è principalmente legato, tra Milano e il Monte Rosa, nelle Alpi italiane. Nel 2012 si è laureato presso il dipartimento di fotogiornalismo e fotografia documentaria del London College of Communication. Curioso dei processi e dei collegamenti tra i diversi sistemi, nel 2003 si è laureato in Scienze Ambientali. Il suo amore per la montagna lo ha spinto a lavorare con l'Istituto Federale Svizzero di Tecnologia di Jungfraujoch (3580 m slm), che è la stazione di ricerca più alta delle Alpi svizzere. Nel 2007, i dati raccolti sul trasporto di inquinanti atmosferici in tutto il pianeta gli hanno permesso di conseguire un dottorato di ricerca. Attratto profondamente dagli eventi globali, dopo aver osservato durante i suoi numerosi viaggi quanto velocemente e drammaticamente il mondo stesse cambiando, ha deciso di interrompere il suo lavoro scientifico e dedicarsi completamente alla fotografia. Jacob Balzani Lööv lavora per diverse ONG (organizzazioni non governative) in tutto il mondo. Esperto di Europa Orientale e Caucaso, lavora per il notiziario Zuma e contribuisce regolarmente ad Al-Jazeera ed Eurasianet. Il suo lavoro è stato pubblicato su molte riviste stampate e online tra cui Newsweek, The Guardian, The Independent, The Wall Street Journal, Der Spiegel, Politico, Internazionale e Vice. Nel 2017 è stato finalista al Days Japan Photo Contest, finalista al Premio Spotlight e nel 2019 finalista al Premio Voglino. Il suo lavoro è stato esposto a Milano, Londra, Venezia e in numerosi festival tra cui Format in Inghilterra, Angkor Photo Festival in Cambogia e Warm in Bosnia. Attualmente è disponibile per commissioni.